XXCO_206: Una cappella sull'alpe
Salire nel pomeriggio di un giorno festivo all'Alpe del Vicerè, o Alpe Bova che dir si voglia, è una specie di tuffo nel passato; sembra di essere tornati a quegli anni in cui fare le vacanze significava semplicemente allontanarsi dalle città (e dalle fabbriche) e fare una gita "fuori porta" si limitava a quello, né più, né meno: mettersi alle spalle la porta di casa e della città.
Nonostante i voli low cost e i social media, l'Alpe del Vicerè sembra rimasta la stessa, con "le macchine" parcheggiate di traverso appena fuori della striscia d'asfalto, con le famigliole riunite attorno al tavolino di un bar e a qualche coppa di gelato. Sembra soltanto, è ovvio, perché gli smartphones non restano certo ai piedi della salita e le auto sono ben diverse da quelle di un tempo.
Ma insomma... non posso negare di essere rimasto colpito.
A poche decine di metri dalla ressa dei gitanti, un sentiero quasi dismesso porta a una cappella, erede di quei fasti turistici solo apparentemente perpetuati, una cappella che ha più o meno mezzo secolo e che quella folla ignora a cuor leggero.
Consiglio caldamente l'escursione (i boschi, peraltro, sono freschissimi): è l'occasione per verificare facilmente un pezzo di storia sociale recente, e insieme un pezzo di storia dell'architettura.
Fabio Cani
Chiesa di Santa Rita da Cascia
Enrico Freyrie, architetto, Giuseppe Majnoni d'Intignano, ingegnere
1966-1967
Albavilla, località Alpe Bova
stato: visibile - visitabile - ben conservata
Edificata come cappella votiva in località alpestre, ai margini della frequentata zona turistica dell'Alpe Bova (o Alpe del Vicerè), posta sul ciglio del declivio, la chiesa è frutto di un progetto aggiornato, senza richiami revivalistici all'architettura tradizionale e nient'affatto nostalgico.
La pianta trapezoidale ha l'ingresso, protetto da un portico, sulla base più lunga, mentre all'estremità opposta una guglia dà luce al presbiterio e all'abside. Le forme appaiono ispirate complessivamente all'architettura organica, con molti elementi disegnati secondo curve avvolgenti, anche se all'esterno qualche dettaglio risente dell'influenza del cosiddetto neoliberty.
All'interno, risulta caratteristico l'arredo originale, con i banchi in sgargianti colori rosso e verde, di evidente ispirazione pop.
Nel 1968, l'edificio è stato donato dalla finanziatrice agli Amici dell'Alpe di Valle Bova.
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